martedì 30 novembre 2010

Eleonora (via non sono in fondo così cinica)

Ho sempre avuto un’attrazione pazzesca per gli uomini problematici, si quelli con la faccia  da dolor di corpo, quelli che alle feste  stavano in disparte con un libro in mano, quelli che ascoltavano musica difficile e usavano quei paroloni cosi strani che riempiono la bocca e ammutoliscono tutti.  Non so  perché  ma mi ponevo sempre l’obbiettivo di farli sorridere, di  dare  un po’ di luce alle loro tormentate esistenze. La mia logica era che se lui  era triste lo era perché nessuno comprendeva la sua profondità, gli uomini allegri mi parevano così superficiali. Il massimo poi era trovare  un uomo innamorato di un'altra, sarà  che sono un infermiera per cui trovo naturale adoperarmi per salvare l’umanità. Io  volevo essere una medicina e pensavo davvero di avere talento in questo.  Ma poi nessuno guariva e  stavo male anche io.
Pensare che ho fatto milioni di tentativi, ho  adottato un infinità di personaggi: scrittori dislessici, cantautori balbuzienti, filosofi  dell’esistenzialismo della lingerie maculata, poeti del “ceniamo fuori si ma paghi tu”,  pittori  di modelle giovani e minimo minimo con una terza  “si  perché  il messaggio  che voglio dare è di un certo tipo”, ed  io: tipo che la gnocca è sempre la gnocca?  Soprattutto ho collezionato  un sacco,  ma proprio un sacco,  di disoccupati,  si i grandi artisti del  “ rinchiuso in ufficio soffoco, piuttosto che la fabbrica  la muerte!”
Sapete che sono quasi sempre stata piantata? Si perché l’artista si annoia  velocemente e probabilmente non sono l’unica che ne subisce il fascino, io cercavo solo qualcuno d’amare totalmente.
Ma io non potevo farci nulla,  per me l’uomo incasinato era attraente  come lo è  lo zucchero per i diabetici. Sono stata  la loro madre, la loro psicologa, la loro cuoca, la loro agenzia di collocamento e spesso la loro troia, il tutto per vederli gioire, per me era una missione e non mi accorgevo di avere il complesso del redentore.
Una mia amica un giorno mi regalò un libro, uno di quelli  che definivo da discount della filosofia e che mi ero  sempre rifiutata  di leggere, forse  perché  molte lo consideravano una sorta di bibbia e io  aborro il genere. Con il naso tappato e grazie alle mie tante notti insonni mi misi a leggerlo e fu la scoperta del mio vero dolore.  Era  come vedere il mio cuore sanguinare, io non mi ero accorta di essere così simile alle  donne che amano troppo, anzi pensavo di essere decisamente sopra la media, io la perfetta infermierina che si prendeva cura di tutti non mi curavo.
Decisi che avrei passato un periodo di sobrietà, mi sentivo come un’ alcolizzata, solo che il mio alcol erano gli uomini, per cui cercai di non praticare più i mie soliti posti  da intellettuale macrobiotica e di cominciare a frequentare un gruppo di auto/aiuto, cosa che ogni tanto  consigliavo io ai mie  pazienti, ops amanti. Non sono del tutto guarita ma ho ricominciato a uscire con alcuni uomini, impiegati. Ogni tanto  la noia mi sovrasta e allora cerco di resistere e mi concedo anche di vedere Zelig, in fondo, non l’avrei mai detto, ma è meraviglioso vivere fra le persone comuni.

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