martedì 23 ottobre 2012

Champion Scandicci: l'irresponsabilità sociale dell'impresa e il ruolo delle istituzioni e del sindacato - una caso emblematico

Giro qua l'ultimo triste atto riguardo alla Vertenza Championi di Scandicci  cui avevo parlato nei mesi scorsi http://sabrinaancarola.blogspot.it/2012/05/sosteniamo-i-lavoratori-della-champion.html



Le vicende relative alla chiusura della sede fiorentina di Champion, noto marchio dello sporstwear con base a Carpi (MO) sono balzate agli onori delle cronache nei mesi scorsi, quando l'azienda ha deciso di chiudere il proprio Design e Development Center di Scandicci dopo che da almeno 20 anni operava nel territorio fiorentino.

L'insensibilità dell'azienda agli appelli delle Istituzioni, Sindaco di Scandicci e Presidente della Regione in testa, affinchè venissero individuate forme "morbide" di fuoriuscita delle lavoratrici (al 70% donne e madri di figli piccoli) che erano impossibilitate a trasferirsi a Carpi ha toccato in modo profondo gli animi della società civile, con appelli su Facebook, lettere aperte, decine e decine di servizi giornalistici e addirittura ben tre interrogazioni parlamentari al Ministro Fornero.

Mai si era visto un simile caso di "irresponsabilità sociale", usando le parole del Senatore Passoni, con un'azienda che, nel portare avanti il proprio legittimo interesse, si disinteressava totalmente delle sorti dei propri collaboratori e li lasciava al proprio destino, senza attivarsi nemmeno per incontrare le Istituzioni intervenute sul caso - ricordiamo che per ben tre volte l'azienda non si è presentata agli incontri organizzati da Provincia di Firenze e Regione Toscana

Si tratta di un caso unico nella storia delle relazioni industriali fiorentine e toscane, con oltre 35 persone "cadute sul campo" senza aver avuto accesso a quegli ammortizzatori sociali (cassa integrazione, mobilità) che sempre vengono attivati in questi casi.

La vicenda ha avuto un epilogo drammatico in questi giorni, quando ai lavoratori che il 29 di giugno, ultimo giorno prima della chiusura, avevano rassegnato le dimissioni per l'impossibilità di trasferirsi a Carpi, è stata anche trattenuta in busta paga l'indennità di mancato preavviso, per non essersi recati a Carpi a svolgerlo!
Si parla di lavoratrici con anche 20 anni di anzianità e quindi periodi di preavviso molto lunghi, come stabilito dal CCNL del Commercio.

Clamoroso il caso degli invalidi, impossibilitati a trasferirsi per ovvi motivi, a cui non solo non è stata offerta un'opportunità di reimpiego sul territorio (in uno dei due negozi di proprietà del gruppo) ma addirittura sono stati tolti migliaia di euro dalla busta paga finale, come "mancato preavviso"!

Nulla di illecito naturalmente, l'azienda si è mossa sul filo del rasoio della legalità e non ha sbagliato una mossa, con una scientificità e una crudeltà difficili da immaginare.
Se dal punto di vista legale nulla si puo' fare per condannare un simile, ignobile comportamento, resta come unica possibilità il diritto/dovere di ogni consumatore di adottare comportamenti conseguenti nei confronti di un'azienda che, negli anni, ha dato prova in innumerevoli occasioni di un cinismo e una insensibilità inaudite.

A margine di questa vicenda non si puo' tacere l'amara conclusione anche per l'aspetto che vede coinvolte le Istituzioni e i loro rappresentanti, così solleciti nel proclamare pubblicamente la loro solidarietà con le lavoratrici quanto immobili e reticenti nel momento in cui ci sono da assumersi responsabilità. Ancora oggi, a distanza di 4 mesi dalla richiesta, la Provincia di Firenze non ha dato una risposta alla richiesta di concessione dell'iscrizione alle liste di mobilità!

Triste epilogo anche sul fronte sindacale, in quella che, secondo il sindacato CGIL, doveva diventare una "vertenza emblematica". La CGIl regionale aveva garantito azioni eclatanti, articoli a pagamento sui quotidiani, patrocinio di azioni legali e chi più ne ha più ne metta, a sostegno di quelle poche lavoratrici che nel sindacato hanno creduto e che oltre alla perdita del posto di lavoro hanno subito anche le ritorsioni dell'azienda, proprio per il loro impegno pubblico in difesa dei dirittti dei lavoratori.

Nulla di tutto questo è successo. La delegata Filcams di Scandicci oramai da settimane si nega al telefono.
Le azioni proposte nei mesi scorsi dal sindacato ai lavoratori si sono rivelate degli autogol e gli appigli giuridici proposti da Filcams, coaudiuvata da quella che doveva essere la massima esperta regionale della CGIL in tema di vertenze, sono stati sconfessati dai legali interpellati in merito, tutti concordi nel ritenere che i consigli dati ai lavoratori siano stati "superficiali, privi di consistenza giuridica, avventati".

Insomma, pur in un contesto obbiettivamente difficile quale quello che ha contraddistinto tutta la vicenda, la sensazione è che si siano portati i lavoratori in un vicolo cieco, interessati solo alla battaglia di facciata e senza tenere nel dovuto conto le conseguenze economiche e psicologiche che le lavoratrici avrebbero pagato, nel caso di un esito negativo che, a questo punto, è dato per scontato anche dai legali di fiducia della stessa CGIL.

Tra irresponsabilità sociale dell'impresa, individualismo e sfiducia (evidentemente non del tutto immotivata) dei lavoratori nei confronti delle Istituzioni e delle organizzazioni sindacali e pressappochismo e improvvisazione di quest'ultime, tutta questa vicenda ha messo in luce il peggio di un paese più simile al terzo mondo che non a una moderna democrazia. 

Un paese che vorremmo ricordare al passato e che invece è drammaticamente attuale.

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