Una decina di ragazzi, c’è chi parla di bambini, il 15 Marzo
2011 copiarono sul muro della loro scuola di Daraa, nel sud della Siria, alcuni
slogan della Primavera Araba inneggianti alla libertà, per questo motivo
finirono in carcere, da li non sono più tornati.
Sono passati più di due anni da questo episodio, due anni di
proteste finite nel sangue, due anni in cui la Siria non è riuscita a fare
notizia, a capeggiare nelle prime pagine dei giornali nonostante il coraggio di
alcuni reporter, come i 4 italiani che attualmente si trovano in stato di
fermo, che si sono introdotti in quella terra martoriata per raccontarci la
tragedia di una nazione. Due anni in cui anche una buona parte della stampa e
dei commentatori italiani si sono dati battaglia per affermare le loro verità
mentre in Siria si continuava e si continua a morire.
La Siria di fatto non era uno stato democratico ed è questo
il motivo per cui buona parte della popolazione, sull’onda dell’entusiasmo
generato dal movimento che coinvolse diversi paesi dell’area nord africana, si
ritrovò a protestare nelle piazze del paese.
Dall’inizio della repressione i dati che riguardano le
vittime sono sconvolgenti, le fonti dell’ONU, risalenti all’inizio di marzo,
parlano di più di 70.000 morti, 200.000
persone di cui non si hanno più notizie,
4.000.000 di sfollati interni e di circa 1.300.000 rifugiati nei paesi
confinanti. Save
the Children racconta di 2.000.000 di bambini vittime intrappolate nel
territorio.
Nessuna decisione è stata presa dai potenti della terra per
porre fine a questo massacro, nessun intervento risolutivo da parte delle
Nazioni Unite è stato previsto, ci sono alleanze delicate e purtroppo,
nell’interesse di queste alleanze, non viene fatto alcun tentativo in favore
della popolazione siriana se non quello, inefficace e piuttosto vano, di
lanciare appelli affinché s’interrompa la violenza.
Da diverso tempo alcune organizzazione umanitarie si
adoperano per portare aiuti in Siria e nei paesi confinanti che ospitano i
rifugiati, ultimamente capita di vedere sui giornali e in tv, in mezzo ad altri
spot in cui si richiedono aiuti per i bambini di varie zone del pianeta, quello
dell’ UNHCR in cui viene richiesto un
contributo per i rifugiati fuggiti dal conflitto.
Ho conosciuto in rete alcuni ragazzi siriani e italo/siriani
che in questi anni hanno tentato con tutte le loro forze di rompere questo
assurdo silenzio riguardo la Siria.
Grazie ad una di queste persone sono venuta a conoscenza di Elisa
Fangareggi, una giovane donna modenese che ha iniziato a portare farmaci e
generi di prima necessità ai rifugiati e in Siria, semplicemente spinta dalla
necessità di aiutare i bambini. Elisa ha raccolto attorno a sé alcuni volontari
ed ha fondato il gruppo Time4life il
cui slogan è “chi salva una vita salva il mondo intero”. Il gruppo al momento conta circa 7.000
persone, gente comune, genitori, nonni, ragazzi, adulti, persone che hanno
deciso di non stare ad aspettare e di dare un loro contributo per sostenere gli
abitanti di una terra che dista solo 3 ore di aereo dal nostro paese. In
Time4life ci si organizza città per città, si discute su quello che serve al momento,
si raccolgono medicinali, latte e quanto serve anche per sfamare chi soffre
anche la mancanza del sostegno minimo necessario per condurre un’esistenza.
Questo gruppo è una fucina di donne e uomini di buona volontà che si sono
spontaneamente ritrovati per aiutare chi in questo momento ne ha un disperato
bisogno. Nelle informazioni di Time4life possiamo leggere quali sono i
generi più necessari al momento. Possiamo aderire al gruppo e coordinarci
con i nostri concittadini, possiamo inviare qualsiasi contributo in denaro,
anche minimo, per acquistare latte in polvere e cibo in Turchia tramite paypal
sull’account time4life4childeren@gmail.com
o tramite bonifico su
IBAN IT81 M032 7812 9000 0000 0001 613 della Banca Emilveneta intestato
Time4life.
Credo che le risposte alle tante tragedie del pianeta siano
da trovare nelle persone comuni, Time4life insegna che, sebbene sia ancora
troppo poco, qualcosa si può e si deve fare. Nessuno può assicurare ad altri
pace e sicurezza, non possiamo conoscere se nel nostro futuro incorreremo o
no in conflitti, ma possiamo adoperarci
per creare una cultura di pace e fare azioni a favore di questa.
foto di Elisa Fangareggi tratta dal gruppo |
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