“Immenso e rosso
Sopra il Grand Palais
Il sole d'inverno viene
E se ne va”
sentire quelle parole dalla tua bocca mi fece andare il cuore in gola, non pensavo che molte persone conoscessero quella poesia di Jacques Prévert, figuriamoci se pensavo di sentirla da te. Ti ritenevo una persona inconsistente, la classica donna che si da’ all’arte per apparire diversa, emancipata. Ti avevo visto da lontano con quel vestito rosso, forse un po’ troppo vistoso, ma che ti stava divinamente sulla tua pelle bianca e i tuoi capelli neri. Non volevo fermarmi a sentire la classica pippa teatrale, non era nei miei programmi, ma fu proprio quel colore che portavi su di te con quella naturalezza ad attrarmi. Non mi piacevi, non amo le donne che si mettono in primo piano, le preferisco in disparte e leggermente dimesse. Per me le donne non dovrebbero mai portare colori troppo accesi, involgariscono. Ho sempre sostenuto che le donne che recitano o che cantano lo facciano quasi sempre per darsi delle arie, perché sono fallite in altri aspetti della loro misera esistenza e allora s’illudono di sentire il richiamo dell’arte vibrare nelle loro corde e spendono tempo in corsi, scuole per poi propinarci le loro lagne. Tu poi avevi anche una voce bruttina, sgraziata e che c’entrava con la poesia Dio solo lo sa. Ma non riuscivo a staccarti gli occhi di dosso. Ti guardavo quando con passo esitante ti dirigesti verso il microfono su quel palco improvvisato in quella piazzetta sotto il sole di Giugno e, nonostante il cicalio della folla cominciasti a leggere:
“Immenso e rosso
Sopra il Grand Palais
Il sole d'inverno viene
E se ne va
Sopra il Grand Palais
Il sole d'inverno viene
E se ne va
Come lui il mio cuore sparirà
E tutto il mio sangue se ne andrà
Se ne andrà in cerca di te
Amore mio
Bellezza mia
E ti ritroverà
Là dove tu sarai”
Recitavi accompagnata da un chitarrista noioso, troppo concentrato su se stesso, ma a te non interessava e non facevi neppure caso al rumore di chi passava accanto parlando ad alta voce come se tu non esistessi, come se il tuo spettacolo non esistesse. Ogni tanto sembrava che muovessi piccoli passi di danza, così, per far oscillare il rosso del tuo vestito. Non eri così superficiale come avevo creduto, ero stregato e rimasi in attesa della fine della tua performance per poterti avvicinare. Ricordo che provavo una certa emozione e mi sentivo spiazzato dalla tua presenza, ma non potevo farmi sentire insicuro, non io. Dovevo trovare il coraggio, ormai sapevo quello che volevo e sorridevo all’idea di quanto fossi stato stupido a immaginarti come una donna sciatta. Mi avvicinai a te e sfoderando il migliore dei sorrisi che potessi mostrare ti dissi soltanto: “Divinaaaa! Dio mio quel vestitoooo, lo voglio lo voglio e lo voglio!”
El Sol Rojo Joan Mirò |
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