La Carmen è una simpatica opera lirica in quattro quadri scritta da quel buon uomo di George Bizet nella seconda metà del 19° secolo. La prima rappresentazione non se la filarono in molti, non per nulla Bizet morì tre mesi dopo la Prima, alla faccia di chi non crede alla Legge di Murphy. Scritta in francese è ambientata a Siviglia e vede come protagonista una gran gnocca, acclude anche una sperticata ode al fumo (uh yeah!) ed ha una overture, che resusciterebbe anche i morti e i presidenti della Repubblica. La storia ha note scabrose degne delle migliori copertine di Cronaca Vera o dei maggiori quotidiani di questi tempi. C’è un caporale Don Josè che si dice innamorato di una pissera tale Micaela sua sorella adottiva, nel frattempo però con nonchalance adocchia con un suo commilitone le belle sigaraie. Carmen, uscendo dalla fabbrica di sigarette, nota ‘sto tipo e comincia a cantargli la celebre Habanera in cui dice. alludendo sottilmente, che l’amore è un uccello ribelle che non si può domare. Detto questo getta un fiore a Don Josè gira i' culo e va via. Lui rimane li per li basito da tanta audacia e mentre e li che ce sta a fa’ du pensieretti arriva quella pissera di Micaela e cominciano un a tiritera sul fatto che lei gli ha portato una lettera della madre è tutto un parle moi de ma mère, parle moi de ma mère! che non finisce più. Per fortuna Micaela va via ma succede un casino in fabbrica, dicono che Carmen abbia accoltellato qualcuno, Josè arresta Carmen che avendo annusato il tonno gli dice: “Gnamo Ciccio, voglio andare a Siviglia per bere camomilla e ballar la seghediglia” (vi giuro che a parte il "Gnamo Cicco" le parole son proprio queste). Insomma incanta Don Josè con du’ moine facendogli intendere una sua certa disponibilità, gli da uno strattone scappa e raggiunge l’osteria del suo amico Lillas Pastia. L’osteria vede un bordello di gente, un gran casino e io dubito che sul serio bevessero camomilla anche se a quei tempi circolavano meno sostanze sbalorditive rispetto ai giorni nostri. Ad un certo arriva trionfante quel gran pezzo d’omo di Escamillo, con un orchestra da paura canta la canzone del toreador per far colpo sull’habanera ma ormai il pisserume è dilagante tant’è che Carmen confessa alle squinzie delle sue amiche che si Escamillo è notevole ma che preferisce Don Josè e da femme fatale si trasforma in femme zerbin’.
A questo punto voglio aprire una postilla (ma si aprono le postille?), insomma voglio dire che la Carmen è per voci da mezzo soprano o contralto come la mia, Micaela è per le comuni voci pissere dei sopranini, Josè è un tenore come tanti mentre Escamillo è un fior fior di bass baritono e anche questo fa la sua differenza.
Praticamente per seguire Carmen Don Josè diventa disertore ma siccome è una palla d’omo fa sempre du’ coglioni grossi come case per via della gelosia che prova verso Escamillo. Il II e il III atto dell’opera sono una palla micidiale ma non è garbato alzarsi durante lo spettacolo a teatro e poi ognuno ha i suoi gusti. La coppia vive momenti di tensione, vagano con gli zingari fra le montagne e vengono raggiunti da Micaela che cercava Don Josè per avvertirlo che la madre è in punto di morte. Lui, siccome era imbecille forte, giura vendetta a Carmen.
Una volta tornato cerca Carmen che a ‘sto punto dice che col cavolo vuole riprendere una relazione con lui, che preferisce Escamillo allora il cretino l’ammazza e vissero tutti infelici e scontenti.
Non ci posso fare nulla il finale è proprio questo e l’unica morale che vedo è sempre quella: fai merenda con Girella. MA non fanno più le Girelle di una volta, a me sembra che la qualità cioccolatosa si sia notevolmente ridotta come le dimensioni di questa mitica merendina, ma ne parleremo più avanti.
Grazie per la vostra attenzione, vi aspetto per le prossime avventure.
Nessun commento:
Posta un commento