sabato 17 marzo 2012

La normalità del bene: Rachel Corrie

“Sento altre forti esplosioni fuori, lontane, da qualche parte. Quando tornerò dalla Palestina, probabilmente soffrirò di incubi e mi sentirò in colpa per il fatto di non essere qui, ma posso incanalare tutto questo in altro lavoro. Venire qui è stata una delle cose migliori che io abbia mai fatto. E quindi, se sembro impazzita, o se l’esercito israeliano dovesse porre fine alla sua tradizione razzista di non far male ai bianchi, attribuite il motivo semplicemente al fatto che io mi trovo in mezzo a un genocidio che io anch’io sostengo in maniera indiretta, e del quale il mio governo è in larga misura responsabile”.
Il 16 Marzo di 9 anni fa veniva uccisa Rachel Corrie, aveva 23 anni. Attivista dell'International Solidarity Movement venne ferita mentre tentava d'impedire ad un  bulldozer israeliano di distruggere le case dei palestinesi. Statunitense dello stato di Washington, attiva nei movimenti per la pace e i diritti umani riuscì come osservatrice a documentare le nefandezze dell'occupazione israeliana. Nelle sue email scriveva: “Sono in Palestina da due settimane e un giorno, e ho ancora poche parole per descrivere ciò che vedo (…). Io non so se molti dei bambini qui abbiano mai vissuto senza i buchi di carri armati alle pareti, senza le torri di un esercito di occupazione che li sorveglia costantemente da un orizzonte vicino. Io penso, sebbene non sia del tutto sicura, che anche il più piccolo di questi bambini capisce che la vita non è così ovunque”. 
Il 16 Marzo del 2003 Rachel se ne stava in piedi con il megafono in mano davanti ai bulldozer, come quel ragazzo cinese in piazza Tienamen il 5 giugno del 1989 se ne stava fermo davanti alla fila dei carri armati.  Malgrado si fosse resa riconoscibile, le regole militari che dovevano impedire  l'avvicinamento del bulldozer vennero infrante e l'ordine di andare avanti tracimò con le lame la vita di Rachel. Nonostante una versione diversa fornita dall'esercito israeliano esistono foto e video che testimoniano inequivocabilmente l'accaduto. Ricordo ancora le immagini in tv e in rete, il bellissimo volto di Rachel, il suo coraggio e non posso non pensare a Vittorio Arrigoni e ai tanti  volontari che decidono di dedicare la propria vita agli altri. Penso a Rossella Urru, e a Giovanni Lo Porto, penso che  se nel mondo si moltiplicassero persone come loro vivremmo tutti più in sicurezza e in pace. Probabilmente Rachel sentiva  che era normale andare sulla striscia di Gaza, dare una mano come poteva e documentare gli  orrori di questa guerra che sembra non avere mai fine. Per lei fu un gesto naturale frapporre il suo corpo fra i bulldozer e le case dei palestinesi. Chi si adopera per il bene, per la pace e lo fa veramente in maniera attiva si "offre" senza pensarci, con naturalezza. Ci sono persone  che sono così, che sentono cos'è giusto per il mondo è percorrono il loro cammino forti di questa convinzione. Sono persone come loro che hanno cambiato in modo positivo questo nostro pianeta. Gandhi, Rosa Parks, Martin Luther King, possiamo solo cercare di coltivare uno spirito di gratitudine per loro e per Rachel Corrie.


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