lunedì 30 aprile 2012

Jazz

Marc Chagall Blue Angel

Se dovessi dipingere di un solo colore il jazz userei il blu
se volessi descriverti la mia anima direi che somiglia al blu
se potessi  regalarti un colore sarebbe il blu
quello delle mie tribolazioni
delle mie speranze
della mia disperazione
delle mie arrampicate
il blu  della voce di Billie
della tromba di Chet
delle note di Ella e di Sarah
del suono di Nina
il blu senza pelle
quello vero


venerdì 27 aprile 2012

FEMMINICIDIO

La violenza in Europa e' la prima causa di morte per le donne fra i 16 e i 44 anni: uccide più donne del cancro, degli incidenti stradali e delle guerre e questi dati sono del 2007. Ad oggi in Italia le vittime sono 54 per 117 giorni dall'inizio dell’anno, quasi una donna ogni 2 giorni, il numero sembra già voler superare quello dello scorso anno. La crisi non ha certo migliorato la situazione anzi, la repressione è diventata sempre più forte, l’insoddisfazione, la non realizzazione economica portano la gente ad andare di matto, ci si uccide per i debiti, per il fallimento della propria azienda, si uccide la propria moglie, la propria compagna, la propria famiglia per rabbia, per gelosia, per  un senso di proprietà che si sente vacillare. I media li chiamano omicidi passionali, follia omicida, tutto questo ha un nome preciso: FEMMINICIDIO e i giornali, la televisione e la politica italiana hanno una grande responsabilità in merito. Le parole “omicidio passionale” richiamano alla mente una società arcaica e quindi usandole ci si scarica dei sensi di colpa addossando all'ignoranza tali disgrazie, non è così.  Il FEMMINICIDIO è una tragedia che non conosce distinzioni fra ricchi e poveri, fra persone di buona famiglia, sempliciotti o persone comuni. Addossare la colpa alla “follia omicida” è un altro modo per prenderne le distanze, tutti ci sentiamo sani di mente, a noi non potrà mai capitare di essere così  matti da uccidere qualcuno e in molti casi giustifichiamo con il  “sarà nervoso” o  un “forse ha ragione lui” piuttosto che “me lo merito”  comportamenti violenti che avvengono purtroppo in larghissima misura  anche dentro casa nostra. Apriamo gli occhi, parliamone, non stanchiamoci di  rimanere colpiti da questi drammi, non rimaniamo indifferenti, gridiamo al mondo la nostra indignazione perché i media e la politica ci vogliono incazzati quando uno straniero ruba nelle villette o uccide qualcuno e godono a farci sentire appartenenti ad un mondo di fratellanza razzista (la Lega su questo ne è un esempio plateale), mentre ci vogliono lontani e indifferenti riguardo la violenza di genere. Non so quante prostitute, trans o trans gender vengono brutalmente uccisi ogni anno, la stampa raramente ne parla e sono sempre le associazioni LGBT a sollevare la questione della violenza,attraverso la condivisione di notizie, quando un gay, una lesbica o un trans subiscono un’aggressione. La TV ci fa credere che avere una macchina figa, una figa, l’ultimo aggeggio tecnologico, bei vestiti e belle cose sia figo. Poi arriva la politica, che non mostra nessuna pietà verso le persone che si suicidano per la crisi, a dirci che dobbiamo fare sacrifici che altrimenti finiamo come la Grecia dove quasi ½ milione di bambini soffre per  problemi dovuti alla scarsa alimentazione e anche su questo i politici non mostrano alcuna compassione, nessun sentimento di responsabilità e di comunione. Ci ricattano con la paura. I giornali non affrontano la realtà e il Ministro Severino ieri parlando di etica del giornalismo non ha perso l’occasione per attaccare i blogger che spesso sono cittadini comuni, indipendenti che riportano i fatti  che più li colpiscono  e animano discussioni in merito. Si vuole reprimere il libero pensiero, è scomodo che molte persone aprano gli occhi sulle mostruosità della nostra società, è terribilmente sconveniente, per loro, la circolazione di notizie come quelle che parlano dei  paesi che si sono ribellati alla schiavitù delle banche o dei comuni che si sono opposti ad Equitalia. Più di 10 anni fa dicevamo che un altro mondo è possibile, adesso ci siamo tutti rincoglioniti oppure siamo entrati in quel vortice d’invidia tanto caro alla De Filippi che su questo ha costruito una carriera? Non è così, dalla rete sento che molti sono stanchi, che a molti non freghi un emerito cazzo di essere fighi. E’  la gente comune che sta condividendo l’assurdità delle morti di non lavoro come delle morti sul lavoro, sono donne come me che fanno le impiegate che hanno figli che dicono basta ai FEMMINICIDI e insieme a noi ci sono artisti, blogger, pizzicagnoli, muratori, estetiste. Usiamo ogni mezzo che ci viene in mente, parliamone  fino allo sfinimento, ogni donna morta potrebbe essere nostra figlia, nostra sorella, nostra amica, la violenza è il male, non va tollerata, non va accettata una società violenta, rancorosa e invidiosa, facciamo la differenza, per Vanessa per noi tutti. 




mercoledì 25 aprile 2012

Naso

Dei miei sensi il naso è il migliore
Si esalta, si schifa, diventa curioso
S'imbizzarrisce in questa stagione lussureggiante di vita
Assapora nostalgico l'inverno sniffando la legna dei camini
D'estate gode del sole e di quello che il caldo trasforma
Dei miei sensi il naso è il migliore
Ti riconosce anche da molto lontano
Salvador Dalì Ritratto di Gala con aragosta 1934

martedì 24 aprile 2012

Everybody needs somebody to love (cit)

di anonimo artista calabro/piemontese su cartone  di scarto

Che c'è bisogno di bellezza e  in qualche modo questa va creata, riscoperta, rigenerata. C'è  fame di poesia, di musica, di nutrimento dell'anima perché viviamo in un’era che sta cercando di distruggere la vera ricchezza delle persone, ciò che dovrebbe essere proprio dell’uomo: l’umanità. Ci vogliono far intendere che lo spread ha più valore della vita, siamo governati da mostri che si sentono investiti dal ruolo di salvatori della patria, arroganti e incapaci, crudeli. Non c’è nessuno fra di loro che ci prospetti una minima speranza per il futuro, ci ricattano, cercano di fotterci con la paura. Licenziamoci tutti ha ragione il Venturi, quando si ha testa, due mani, un gatto e un amore gli si va in culo. Dobbiamo ragionare, essere solidali l’un l’altro,  godere della musica, dei tramonti, delle galline che fanno le uova,  è inconcepibile rinunciare alle meraviglie della vita per il denaro, non è ammissibile. I grandi rivoluzionari  hanno usato l’arma della  creatività per raggiungere i loro obbiettivi e la creatività è una qualità dell’essere umano. Va esaltato e condiviso tutto ciò che ci accomuna, l’amore per i figli, l’amore per ciò che ci emoziona, che sia un quadro, un libro, una poesia, una musica, una foto, un ricordo di cui abbiamo voglia di parlare. L’amore è una qualità che  appartiene a tutte le persone del globo, per quanto possiamo essere diversi proviamo tutti emozioni simili. Godiamo certamente più di una canzone o di un quadro che dell'abbassamento dello spread e chi non riesce a godere di queste meraviglie è morto e non lo sa. L’arte, quando può fregiarsi di questo nome, è nata dall’amore ed è una ricchezza a portata di tutti. L’abbraccio di un amico nei momenti di sconforto, il sapere di poter contare sugli altri nei momenti di difficoltà è ricchezza, non esiste la disperazione totale in chi percepisce il valore dell’amicizia. Vivere con speranza è una lotta, permettere agli zombies di togliercela non è accettabile, non possiamo autorizzarli a sconfiggerci. Riprendiamoci la qualità della vita che non sta certo in un conto in banca ma che c’è e può vivere in disegno o fra le note di una canzone come questa cantata da tutto il mondo.  

venerdì 20 aprile 2012

#Noviolenza RESPECT

L'AIED (Associazione Italiana per la Crescita Demografica) ha lanciato l'iniziativa No violenza, contro lo stalking, il femminicidio e tutte le forme di violenza per le donne. L'inizativa è partita il 16 e terminerà il 29 aprile, oggi su questo tema si svolge un blogging day. Per questa ragione voglio parlarvi di una donna, di un'artista immensa e della sua canzone che divenne un inno per i movimenti femministi e per i diritti civili: RESPECT. Aretha Franklin, una delle voci per cui ringrazio la mia esistenza di vivere in questa epoca e di poter godere di tale meraviglia, riprese questo brano di Othis Redding nel 1967. La sua voce pazzesca, la sua determinazione fecero in modo di trasformare una semplice canzone in una decisa richiesta di rispetto. Non c'è un grido e neanche un canto lamentoso è risolutezza assoluta.
Nell'inciso:
R-E-S-P-E-C-T 
Find out what it means to me
R-E-S-P-E-C-T
Take care, TCB

R-I-S-P-E-T-T-O
scopri cosa significa per me
R-I-S-P-E-T-T-O
prenditi cura, TCB (=take care of business=prenditi cura degli affari)
Aretha stende tutti rimettendo i puntini sulle i e ci spiazza con il suo immenso orgoglio di donna afroamericana. 
L'arte è patrimonio dell'umanità, la musica arriva, invade, un libro te lo devi andare a cercare, un quadro devi andarlo a vedere, invece una canzone può raggiungerti in qualsiasi momento, la veicoli facilmente, la musica è sempre stata a fianco di Martin Luther King nelle sue marce. Donne come Aretha Franklin, Miriam Makeba, Joan Baez e Mercedes Sosa con le loro canzoni  hanno smosso le coscienze contribuendo all'evoluzione dei diritti umani in tutto il mondo. Possiamo parlare, fare denuncia e informazione tramite l'arte in ogni sua forma perché quando viene usata la creatività il messaggio arriva anche a chi non vuole sentire proprio perché colpisce sul piano emotivo. Questa è un'ottima strada What you want baby I got! 


lunedì 16 aprile 2012

True Colors

Li conosco tutti i tuoi colori, li tieni chiusi in quel cassetto ma loro se ne vogliono uscire. 
Lo faranno saltare in aria e dopo sarà un casino, vernice ovunque. 

(vernici a tempo di musica di vernici a tempo di musica, schizzi creati da Martin Klimas)

 Non è meraviglioso?
Non puoi trattenere la tua essenza, salterà in aria prima o poi e sarà drammaticamente sconvolgente.

Non guardarmi così, io sono gli occhi che non vuoi tenere aperti, la voce che non vuoi cantare, le mani che non vuoi muovere, i piedi che non vuoi camminare.


Slegali, lanciali, giocaci, impiastricciali.


 Impara da quella bambina che non vuole stare seduta composta.
Prendila per mano e lei ti mostrerà il 1974, l'inizio che puoi cambiare, ora.

domenica 15 aprile 2012

#TweetDisco

Mi  piace la rete,  mi piace tantissimo, la trovo uno strumento piuttosto libero e spero che così rimanga. Da qui posso far sentire la mia voce, posso cercare informazioni , condividere, divertirmi, sparare a raffica i miei pensieri,  invadere lo spazio con  i miei Mini Racconti Cinici.  La rete con la sua naturale evoluzione  ha reso obsolete diverse strutture, come l’industria discografica,  che non si sono  adeguate alle novità.  Spesso riguardo a internet si leggono critiche d’intellettuali che ne condannano e ne sminuiscono l’uso, probabilmente per la loro incapacità di adeguarsi e per la loro arroganza nel non voler mettersi al livello della gente comune. Ed è proprio questa specie di democrazia che è la cosa che più mi piace di internet, io donnina come tante posso farmi spazio come l’intellettuale che scrive editoriali sui giornali, ovviamente con  meno visibilità, ma ho, fra le altre cose, l’opportunità di fare critica e di diffondere le mie ragioni.  Proprio per questo mi fa piacere parlare del progetto “TweetDisco We Promote Talent” presentato ieri da Daniela PepeFrancesco Posati  negli spazi del White Cube al Pigneto Gallery (Roma).  L’idea è nata da un gruppo di persone che su twitter si sono ritrovate a condividere musica, da questa condivisione è scaturita la volontà di una visione improntata sulla qualità che potesse essere veicolata anche su altri social network. La TweetDisco si è poi sviluppata su più piattaforme sociali con la finalità di promuovere il talento in rete  basandosi sulla libera collaborazione nei canali di arte, dalla letteratura, alla musica, al cinema.  Dagli spazi virtuali è approdata in quelli reali con lo stesso spirito di condivisione. Il futuro è questo, le persone comuni lo sanno e usano questi mezzi con passione. Mi piace osservarli, le potenzialità sono infinite, tutte da scoprire, tutte in continua evoluzione.

#tweetdisco from TweetDisco on Vimeo.

Per informazioni, curiosità e contatti:  http://about.me/tweetdisco

sabato 14 aprile 2012

Un anno senza Vik, un anno con Vik

Di Vittorio Arrigoni prima del suo rapimento avvenuto la sera del 14 aprile 2011 e della sua morte avvenuta il giorno successivo non sapevo assolutamente niente. Scoprii la sua esistenza e la sua attività per i diritti umani su twitter, mi misi a leggere il suo blog http://guerrillaradio.iobloggo.com/ e ad ascoltare le sue testimonianze in rete.  Più di 20 anni fa Roberto Benigni  in un suo show  diceva che fin da bambini siamo abituati a sentire al telegiornale: “Guerra in Medio Oriente!” e che avrebbe voluto andare li e chiedere “icche c’è?!” . Ci ridevamo su questa battuta, pensandoci poi, con quel minimo di maturità acquisita del corso degli anni, tutto questo non mi fa affatto ridere.  Sono cresciuta e sto invecchiando dando per scontata la guerra in quella parte del mondo. Vittorio Arrigoni come Rachel Corrie faceva parte dell’International Solidarity Movement organizzazione non governativa che s’interessa alla causa del popolo palestinese. Vittorio e Rachel hanno testimoniato la brutale aggressione d’Israele verso la Palestina,  hanno offerto la loro gioventù, la loro vita ad una causa di pace.  Vittorio si è fatto testimone, riportandone gli effetti devastanti, dell’uso del fosforo bianco da parte dell’esercito israeliano, delle condizioni di un popolo ridotto a vivere,  in quel che diceva lui di Gaza, in una prigione a cielo aperto. Sul suo rapimento e sulla sua morte, come successe per Enzo Baldoni (volontario morto in Iraq nell’agosto del 2004) si sono dette diverse idiozie provenienti spesso dai rappresentati politici del nostro paese. Vik ha visto cose terribili,  e ogni volta che  parlava della situazione devastante dei palestinesi, ogni volta che raccontava la crudeltà d’Israele diceva “RESTIAMO UMANI”, nell’intervista che riporto in questo post spiega il suo motto. In questi giorni  in cui in Italia  si verificano  numerosi suicidi  scatenati dalla disperazione di chi non vede un  futuro,  in questi ultimi mesi in cui vediamo l’aumento delle violenza familiari di cui a farne le spese, in un crescendo allarmante, sono soprattutto le donne, in questo periodo in cui un paese vicino al nostro  la Grecia  ci sono quasi ½ milione di bambini che hanno problemi dovuti alla scarsa nutrizione, in questi anni, perché si tratta di troppi anni, in cui politici e amministratori del nostro Stato hanno sfruttato, lucrando anche sull’impensabile, la loro posizione per arricchirsi commettendo impunemente un’infinità di reati, in questa fase che stiamo vivendo in cui un governo formato da tecnici arroganti totalmente privi d’umanità e completamente a servizio delle banche sta affondando sempre più penisola, in questo tempo in cui ancora  in Palestina si continua a massacrare una popolazione stremata, in questo mondo che sembra non voler rinunciare alle guerre per arricchire le solite grandi famiglie del capitalismo armato e i soliti deliranti folli dittatori RESTIAMO UMANI è l’unico modo per dare un senso e una dignità alla vita, per avere uno scopo, una speranza.  Ascoltando le videointerviste della  signora Egidia Beretta, madre di Vittorio che con sua figlia  Alessandra  instancabilmente si adopera per tenere viva la memoria di Vik, viene proprio da pensare che RESTARE UMANI è vincere la battaglia contro l’oscurità che ci vorrebbe tutti degradati allo stato di  aguzzini pronti a sbranarsi per pochi spiccioli e per un misero potere. RESTIAMO UMANI è l’unica soluzione perché  vivere con speranza è doveroso per le nostre vite, per gli altri, perché solo questo forte senso di umanità può  renderci  felici. Vik era un tipo valoroso, ha sfidato le autorità si era inimicato Israele perché sentiva sulla sua pelle la grande ingiustizia vissuta dal popolo palestinese, la sua famiglia ha dimostrato un incredibile  coraggio perdonando  gli assassini di Vik. Essere umani è una bella  strada da percorrere, qualcuno ce l’ha insegnata e c’è chi continua a farlo. 

martedì 10 aprile 2012

Moby Prince 140 vittime (per non dimenticare)


Il 10 aprile di 21 anni fa ero a godere le meraviglie di Amsterdam, lo ricordo nonostante tutto. Pochi giorni dopo, rientrata a casa, venni a conoscenza della tragedia della Moby Prince. Ancora oggi come all’ora mi sembra assurdo che una nave traghetto a pochissima distanza da Livorno possa aver avuto questo assurdo incidente in cui 140 persone persero la vita in uno dei modi più terribili, arse vive. Questo incidente, come altri, nella nostra Italia dei misteri e degl’insabbiamenti non è mai stato chiarito. Come per Ustica la verità è rimbalzata su infiniti muri di gomma dove ogni tanto le parole NATO e Basi Americane emergono e dove si è cercato un capro espiatorio addebitando la tragedia ad un errore umano che mettesse fine alle indagini e ai tanti dubbi. Alcuni organi di stampa e media fanno in modo che ci si concentri su alcune cose a scapito di altre che sono scomode da ricordare. Ma ci sono i parenti delle vittime che cercano in tutti i modi di mantenere viva la memoria, per i lori cari e per un alto ideale di giustizia.  La cronologia che segue è tratta dal sito http://www.mobyprince.it/ sito ufficiale "Associazione 10 Aprile - Familiari delle vittime del Moby Prince".  La lettura della successione degli avvenimenti mette i brividi e rinnova lo sgomento di vivere in uno stato di democrazia apparente.


Cronologia della vicenda Moby Prince
A cura di Andrea Fricano
9 Aprile 1991
18.35 - La nave traghetto “Moby Prince” della “NAVARMA Lines” arriva a Livorno proveniente da Olbia. La nave ormeggia alla banchina Carrara 50 dove rimarrà fino alle 22.00 del giorno seguente.
22.25 - Arriva in rada la superpetroliera italiana “Agip Abruzzo” proveniente da Sid Chefir con 82.000 tonnellate di petrolio greggio a bordo e da fondo all’ancora a 2.7 miglia dal fanale verde della diga della Vegliaia (l’imboccattura Sud del porto di Livorno).


10 Aprile 1991
11.30 - Il nostromo del traghetto Ciro di Lauro, chiede di sbarcare per un breve periodo di permesso.
20.00 - La moglie del 2 Ufficiale di Coperta Lido Giampredoni, che si trova a bordo del traghetto con il marito, cena con gli ufficiali di bordo e poi si reca in plancia di comando dove nota il radar in funzione ed il marito che si sofferma ad osservarlo. Poco dopo cominciano le operazioni di imbarco di passeggeri ed autoveicoli al seguito.
21.45 - Imbarca sulla “Moby Prince” il pilota del porto, comandante Federico Sgherri, per effettuare insieme al comandante Ugo Chessa, la manovra di disormeggio e di partenza dal porto toscano.
22.03 - Il comando nave, dopo aver ricevuto per radio la conferma della chiusura del portellone di poppa del garage, chiede i comandi alle macchine e inizia così la manovra di disormeggio. Inizia la traversata numero 19 della stagione.
22.12 - L’attenzione sul ponte di comando della “Moby Prince” quella sera è massima perché è previsto un incrocio proprio all’imboccatura con un mercantile in entrata, l’ “Atlantic Horizon”. Le due navi sfilano regolarmente all’altezza della boa verde. Terminato l’incrocio, il pilota Federico Sgherri saluta come ogni sera, con una stretta di mano il comandante Chessa e tutto il comando nave della “Moby Prince” e accompagnato dal giovanotto di coperta Giovanni d’Antonio, attraversa il traghetto per raggiungere il garage da dove lascerà la nave. A bordo, tutto è tranquillo e regolare, vede passeggeri all’ufficio commissario che chiedono una cabina e alcuni giovani che sistemano il sacco a pelo per la notte.
22.14 - L’avvisatore marittimo del porto di Livorno, Romeo Ricci, dalla sua torre di controllo, si vede sfilare davanti il traghetto e sul suo registro segnala l’ora di uscita dal porto di Livorno. Sono le 22.14 e Ricci indica anche la direzione presa dal traghetto, 225°, la rotta per Capraia, la rotta iniziale abituale che fa ogni nave che da Livorno vuole raggiungere la Sardegna. In quegli stessi istanti, alle 22.14.33, sia il Ricci che il pilota Sgherri dalla pilotina, sentono sul canale 16 VHF(il canale internazionale di chiamata e di soccorso in mare)il 1 ufficiale del traghetto Giuseppe Sciacca chiamare la Capitaneria di Porto per comunicare i dati di partenza.
22.15.13 - Il “Moby Prince” ripete più volte la chiamata “Compamare Livorno, Compamare Livorno, Moby Prince”fin quando dalla Capitaneria (Compamare) risponde uno dei marinai di guardia alle 22.15.30 “Chi chiama Compamare Livorno?” – “Buonasera Moby Prince, Moby Prince” – “Avanti Moby Prince canale 13” – “Tredici”. E’ l’ultima parola incisa sul nastro di Livorno Radio dal 1 ufficiale Sciacca. Da notare che nessuno sapeva quella sera di essere registrato, alla stazione radiocostiera di Livorno Radio PT era in corso un progetto sperimentale che registrava il canale 16 24 ore su 24. In quella occasione, sul canale di lavoro, il Moby Prince comunica di aver lasciato Livorno con a bordo 66 marittimi, 75 passeggeri e 31 autoveicoli. Così almeno, ha riferito in seguito, l’Autorità Marittima. 
Sempre alle 22.15, il mozzo del traghetto, Alessio Bertrand, dichiara di aver portato sul ponte dei panini per il personale di plancia, lì vi trova il comandante, il 1 ufficiale ed il timoniere. Tutto è regolare.
22.10 e minuti seguenti: a Livorno la sera è particolarmente bella e parecchie persone ne approfittano per una passeggiata sui vari lungomare della città, o per una battuta di pesca sugli scogli. Ad un certo punto, l’attenzione di molti, viene attratta da qualcosa di strano che accade in rada. Improvvisamente la nave che è ancorata più a sud di tutte le altre (che poi si scoprirà essere la “Agip Abruzzo”) viene interessata da uno strano fenomeno. Due ufficiali della Accademia Navale di Livorno assistono alla scena, Paolo Thermes e Roger Olivieri, vedono che la nave comincia ad essere avvolta da uno strano fenomeno nebuloso e poi d’improvviso le luci di bordo si spengono tutte di colpo ad eccezione di strani bagliori giallo-rossastri e di sporadiche luci arancioni sicuramente non identificabili come luci di bordo, tutte concentrate nella zona del castello di poppa della petroliera. 
A qualche chilometro di distanza dai due, anche il pescatore dilettante Maurizio Teodori nota quanto sta accadendo insieme a sua moglie. I due vedono che le dopo la scomparsa delle luci della nave cisterna, un bagliore di colore rosso-arancio si concentra su un punto preciso. Il pescatore Antonio De Luca nota “…alone rossastro circondato da una nube densa che ho ritenuto fosse fumo” poi vede la visibilità venir meno e nell’aria si espande un forte odore di nafta. Lo stesso spettacolo che descrivono i pescatori presenti in località Tre Ponti che parlano di aloni, bagliori, fumo e boati oltre che forte odore di nafta che si espande nell’aria. Mentre a Sud sta accadendo qualcosa, tutti notano alle 22.14, una grossa nave passeggeri illuminata che sta uscendo dal porto. E’ la “Moby Prince” che sta doppiando la diga della Vegliaia e terminando le manovre d’uscita.
22.20 - Sul canale 16 viene registrato una frase apparentemente monca o priva di particolare significato: “The passenger ship…the passenger ship”. Qualcuno in inglese dice: “La nave passeggeri, la nave passeggeri”. L’unica nave passeggeri in zona è la “Moby Prince”.
22.22.20 - Il marconista del traghetto, Giovanni Battista Campus, chiama Livorno Radio PT per effettuare una chiamata telefonica ad un fornitore: “Livorno Livorno Radio, Moby Prince, Moby Prince”. Campus è reduce da una brutta avventura a lieto fine, solo quattro mesi prima (dicembre 1990) si è salvato dal naufragio del traghetto portacontenitori “Rosso”.
22.23.14 - “Livorno Radio Livorno Radio da Moby Prince, Moby Prince” – Campus ripete la chiamata ma a differenza di prima, il segnale arriva debolissimo. Questa volta però, Livorno Radio risponde con l’operatore Giancarlo Savelli ma segnala alla nave l’inconveniente: “Oh Moby Prince da Livorno, proviamo canale 61 ma ti sento debolissimo eh” – “Sei Uno vado” è la risposta di Campus. Sul canale di lavoro, a detta di Savelli, il “Moby Prince” si sente leggermente meglio ma la comunicazione con il fornitore non ha esito.
22.25.03 - Mentre Campus si sta congedando da Livorno Radio, un’altra strana frase viene registrata sul canale 16 ed attira l’attenzione. Una voce stupita, dice in italiano: “Chi è quella nave la?” poi dopo nulla. A due miglia e mezzo dal porto di Livorno, sta avvenendo la più grave tragedia della marineria italiana in tempo di pace. Il Moby Prince sta speronando la superpetroliera italiana “Agip Abruzzo”.
22.25.27 - L’ufficiale radio del traghetto lancia immediatamente un drammatico SOS: “Mayday Mayday MAyday, Moby Prince Moby Prince, Mayday Mayday Mayday Moby Prince, siamo in collisione…” – poi un disturbo copre le parole di Campus ma dopo qualche secondo si riesce ancora ad ascoltare – “ … siamo in collisione prendiamo fuoco!Mayday Mayd…” e bruscamente si perde la voce che ad ogni parola stava diventando sempre più concitata.
Nessuno si accorge del drammatico appello, o almeno, nessuno risponde.
22.26.09 e minuti seguenti: una voce concitata irrompe sul canale 16, è la voce del comandante della “Agip Abruzzo” Renato Superina: “Capitaneria di Porto…Capitaneria Capitaneria…Capitaneria!” – “Capitaneria di Porto di Livorno avanti pure sul canale 13” - “Qui è la “Agip Abruzzo!”.
Interviene anche l’Avvisatore Marittimo Romeo Ricci “Attenzione Compamare Compamare Livorno Avvisatore” – “Avanti Avvisatore canale 10” – “Dieci dieci” – e poi torna perentoria la voce dalla petroliera “Capitaneria Agip Abruzzo!!!”. A rispondere a Superina è Genova Radio: “Agip Abruzzo da Genova Radio” – “Siamo incendiati, siamo incendiati, c’è venuta una nave addosso!!!Presto presto elicotteri, qualcheduno!!!”. Sono le 22.27.21.
Sui cieli toscani il volo Alitalia Roma-Pisa AZ1102 passa sulla verticale dell’incendio e lo segnala alla Torre di controllo di Pisa, l’armatore Nello d’Alesio che stava guardando il mare dalla terrazza di casa sua, avvisa il vicino di casa Tito Neri, armatore dei rimorchiatori, che qualcosa di grosso è successo in rada. Neri fa preparare gli equipaggi per uscire in mare ma nei momenti successivi la collisione è la confusione a farla da padrone come testimoniano alcune comunicazioni sul canale 16 tra la petroliera e le altre stazioni: “Compamare Compamare Livorno Compamare Livorno da Agip Abruzzo incendio a bordo incendio a bordo!” - “Agip Abruzzo da Compamare Livorno cambio!” - “Incendio a bordo da Agip Abruzzo incendio a bordo chiediamo subito assistenza!” - “Dove vi trovate voi che chiamate incendio a bordo qui è Compamare Viareggio cambio” - “In rada in rada a Livorno in rada a Livorno in rada a Livorno, Livorno ci vede e ci vede con gli occhi! Incendio a bordo!” poi un’altra stazione radio, probabilmente la “Agip Napoli”, un’altra petroliera della Snam presente in rada: “Che fai Livorno dormi!!!” - “Compamare Livorno Compamare Livorno!!!” le voci affannate e concitate da bordo della nave-cisterna con Livorno che rispose: “Ricevuto Agip Abruzzo siamo già informati e stiamo provvedendo” - “Compamare Livorno Agip Napoli, la Abruzzo si è incendiata probabilmente ha la nave in collisione che gli è andata addosso ed è in rada a Livorno, bisogna fare uscire immediatamente i mezzi antincendio!”.
I minuti passano e da bordo della petroliera nessuno si spiega come mai, a così breve distanza dal porto, nessuno sia ancora arrivato al capezzale della loro nave, il marconista Imperio Recanatini alle 22.48.19 perde la pazienza e parlando con i Vigili del fuoco dice: “Mah…Eh….Vigili del Fuoco non lo vedete l’incendio?!? Non lo vedete!!!C’è nebbia non lo so!!!Noi eravamo all’ancora, all’ancora al massimo un miglio e mezzo, due miglia, dall’entrata del porto di Livorno!!!”.
Sui chilometri di lungomare che attraversano la città di Livorno intanto, folle di curiosi cercano di capire cosa sta accadendo in mare. Tra loro la signora Marcella Bini e la figlia Giulia Campi che all’improvviso vedono apparire sopra l’incendio quello che loro sono sicurissime essere un elicottero che volteggia sulle navi in fiamme e che poi complice il fumo che incomincia ad avvolgere la zona, scompare improvvisamente. E come loro, vedono l’elicottero anche il marinaio di guardia dell’Accademia Navale Massimo Vernace e l’Avvisatore Marittimo Romeo Ricci.
22.49.39 - L’ennesima strana comunicazione che caratterizza il canale 16 in quella strana notte a Livorno, questa è sicuramente la più interessante: “This is Theresa, this is theresa to ship one in Livorno Ancorage, I am moving out I am moving out, breaking station!” – che tradotto significa “Questa è Theresa, questa è Theresa a Nave Uno in rada a Livorno, sto andando via, sto andando via, passo e chiudo”. Chi è Theresa? Chi è Nave Uno? Chi è che sente il bisogno di comunicare in codice?
Il Moby Prince dopo la collisione, forse per via di una manovra della petroliera, si stacca dalla “Agip Abruzzo” comincia i suoi tragici giri, andando alla deriva in fiamme.
23.06 - i primi mezzi riescono a raggiungere la petroliera ancora fuori dal porto, sono passati più di quaranta minuti dalla collisione, ma i mezzi di soccorso hanno trovato difficoltà a raggiungere la nave per via del fumo denso sprigionato dall’incendio e perché all’improvviso, gli strumenti di bordo, hanno cominciato a dare i numeri rendendo difficile anche la navigazione strumentale. Nessuno intanto si preoccupa della nave investitrice, la Capitaneria latita nel coordinare i soccorsi, si dice che l’altra nave sia una bettolina, lo dicono dalla petroliera, il marconista Recanatini dice “Sembra una bettolina quella che ci è venuta addosso”, un altro ufficiale della “Agip Abruzzo” dice “La bettolina ha tutta la superficie in fiamme”. L’unico che parla generalmente di nave è il comandante Superina che dice “la nave che ci è venuta addosso non sappiamo né nome né niente” e ancora “la nave che ci è venuta addosso è incendiata anche lei, però non so dove si trova non lo so, state attenti che non scambiate lei per noi!”. State attenti che non scambiate lei per noi.
23.30 - La prima motovedetta della Capitaneria, la CP 232, raggiunge la petroliera e lo comunica a terra aggiungendo che qualcuno ha detto loro che la bettolina non corre rischi, da terra chiedono chi sia la bettolina e la risposta è agghiacciante “Ma negativo, son…vedo un’altra navetta sempre più avanti con…in fiamme…ho sentito parlare di bettolina, probabilmente è la bettolina che è andata addosso alla nave ecco”. Dalla motovedetta vedono un’altra nave bruciare, ma nessuno se ne preoccupa o si avvicina a quest’ultima. 
La nave che brucia non è una bettolina, ma è il traghetto “Moby Prince” carico di passeggeri, e siccome nessuno lo cerca, e il “Moby” stesso a farsi trovare.
23.40 - nella comunicazione tra 2 rimorchiatori viene vissuto il momento del ritrovamento della “Moby Prince”:“Insomma Franco fai attenzione che c’è la nave vedrai che sicuramente è abbandonata e sta facendo giri su se stessa capito! Eh… e l’è tutta in fiamme non vor…si sta avvicinando ancora una volta alla Agip Abruzzo quindi fai attenzione Franco guardati in giro perché c’è, ora dovesti vedere sulla tua sinistra una nave tutta quanta in fiamme” - il primo rimorchiatore nell’avvisare gli altri che rispondono - “La vedo la vedo la vedo si vede la corrente la porta qua!”.
Nonostante sia passata quasi un’ora e mezza la seconda nave va alla deriva in circolo ad una velocità approssimativa di circa 5 nodi, gli ormeggiatori del porto usciti per dar soccorso alla petroliera con la loro piccola imbarcazione e la motovedetta CP232 si avvicinano alla nave investitrice, la voce dell’ormeggiatore Mauro Valli ci descrive quanto accade: “Avvisatore Avvisatore da Ormeggiatori rischio è per noi questa è senza nessuno e va a giro da sè!”.
La CP232 compie due giri intorno alla nave e al secondo passaggio sulle ringhiere del ponte di poppa le luci illuminano un uomo.
E’ Alessio Bertrand, il giovane mozzo, appeso alla ringhiera del parapetto a poppa dritta, fino a quel momento aveva fischiato, aveva chiamato aiuto, ma non era giunto nessuno. Poi dal mare, una voce gli grida di buttarsi, lo chiama. Ma lui ha paura, crede di finire su un ponte e morire lì. Poi si butta, si lascia andare e perde conoscenza. Si risveglia sulla barca degli ormeggiatori del porto, i suoi soccorritori. Scalcia, è agitato. In quegli attimi intanto, l’equipaggio della petroliera abbandona nave a bordo di una scialuppa in attesa di essere raccolto da un rimorchiatore
23.41 - “CP uomo a mare! S’è buttato da poppa della nave ci siamo sopra!”
23.43 “CP siamo alla tua sinistra punta sulla nave per favore che c’è altra gente che ci dice questo naufrago che abbiamo raccolto!” e dalla scialuppa della “Agip Abruzzo”: - “Come?” - ormeggiatori: - “Abbiamo raccolto un naufrago dice che c’è ancora persone sulla nave” - “Non c’è nessuno sulla nave l’abbiamo…ci stiamo allontanando per sicurezza cambio” - ormeggiatori: - “Sto parlando della nave che ha fatto la collisione in collisione” - lancia petroliera: - “Non l’ho vista! Non so dov’è! non so dove si trova!” - gli ormeggiatori comunicano con l’Avvisatore: “Non c’è più nessuno uno lo abbiamo raccolto la nave sta andando noi la stiamo seguendo aspettando che qualcuno si butti. Quella va quella è una bomba vagante!” - risposta avvisatore: “Sai mica dirmi il nome della nave?” - “Dalla struttura mi pare il traghetto mi pare però non ti so dire di più!” . Valli chiede al naufrago che nave siano. La risposta gli ghiaccia il sangue.
23.45.33 - “La nave è la Moby Prince Moby Prince!” urla Valli con voce disperata.
Nonostante il ritrovamento, nessun soccorso viene prestato al traghetto. Tutti si concentrano sulla petroliera abbandonata (ma a rischio esplosione), un solo rimorchiatore spruzzerà acqua nel corso della notte sullo scafo del Moby Prince mentre decine e decine di mezzi soccorreranno la petroliera. A dirigere le operazioni di soccorso dovrebbe essere il Comandante del Porto e responsabile della Sicurezza e della Salvaguardia della vita umana in mare in quel tratto di mare, l’Ammiraglio Sergio Albanese, che è a bordo della motovedetta CP 250, insieme a Vigili del Fuoco di una squadra specializzata per interventi di questo genere, ma Albanese quella notte è come un fantasma, così come la motovedetta su cui è a bordo, che invece di avvicinarsi al traghetto per far valutare la situazione ai Vigili del Fuoco specializzati, si tiene a debita distanza perchè a detta degli uomini della Capitaneria, è troppo pericoloso avvicinarsi, meglio cercare eventuali naufraghi.


11 Aprile 1991
02.20 - Il “Moby Prince” va alla deriva abbandonato ed è pericoloso, per questo il comandante del rimorchiatore Tito Neri Settimo decide di sua iniziativa di mandare a bordo del traghetto un suo marinaio per agganciare la nave. La prima persona a salire sul traghetto dopo la collisione è il marinaio Gianni Veneruso che sale a poppa, dopo aver toccato con le mani lo scafo non incandescente senza protezioni o tute antincendio. Veneruso sale a bordo, aggancia il cavo, non soffre particolarmente delle elevate temperature, e diventa la prova vivente che un tentativo di soccorso, almeno in quella zona della nave, era possibile.
03.00 - La motovedetta CP 250 rientra in porto e l’Ammiraglio Sergio Albanese viene preso d’assalto dai giornalisti. Questo è quello che dichiara in diretta TV:
“una nebbia fittissima, visibilità ridottissima, direi 4 o 5 metri e quindi…sarebbe stata ricevuta domani mattina (parla della “Agip Abruzzo” nda) dal deposito e quindi la sua posizione, era senz’altro regolare. Il traghetto partito dal nostro porto, diretto ad Olbia, aveva un certo numero di passeggeri, che ora credo di averli annotati qua, 72 passeggeri e 68 membri dell’equipaggio, all’imboccatura come prassi via radio comunicano questi dati, ha dato l’orario di partenza secondo l’orario di linea… il comandante parlando con la nostra stazione radio ha dato il numero dei passeggeri, il numero dell’equipaggio ed il numero dei camion che aveva a bordo, poi non ha dato più notizie, abbiamo avuto dall’Avvisatore che è situato all’imboccatura del porto il segnale dall’allarme, che ha visto questa fiammata e quindi ci siamo resi conto che… in un primo momento la “Agip Abruzzo” pensava di essere stata urtata da una bettolina poi abbiamo scoperto che la bettolina non c’era ed era appunto il “Moby Prince” che si dirigeva sulla sua rotta…ecco ipotesi…la nebbia, il buio…”
poi gli viene domandato se basta la nebbia a spiegare questo incidente:
“Questo lo sentiremo più tardi, interrogherò il comandante della “Agip Abruzzo”, raccoglieremo altri elementi, per il momento non si possono fare ipotesi tecniche precise” - poi la domanda su cosa poteva aver già riferito il mozzo del traghetto:
“Era molto spaventato…era convinto che non c’erano superstiti, diceva stanno lì, sono tutti bruciati…”.
Quattro ore e mezza dopo la collisione, l’Ammiraglio Albanese ha già le idee fin troppo sulla dinamica di quanto avvenuto in rada, nebbia fitta, la posizione della petroliera senz’altro regolare e di conseguenza la tragedia è avvenuta perché a causa della nebbia e di qualche distrazione del personale di bordo, il “Moby Prince” ha investito l’incolpevole petroliera ancorata regolarmente in rada, e come se non bastasse, fa capire chiaramente che a bordo del traghetto sono tutti morti. Come mai tanta sicurezza e tanta rapidità nel giudicare quanto accaduto in mare poche ore prima? Ma tutto questo viene ripreso la mattina seguente e reso ufficiale nella conferenza stampa a cui partecipano oltre all’Ammiraglio Albanese ed ai vertici della Marina, anche il ministro della Marina Mercantile Carlo Vizzini, il sottosegretario all’interno Valdo Spini, il presidente della Regione Marcucci ed il sindaco di Livorno Benvenuti.
Ecco cosa dichiara Carlo Vizzini, un ministro della Repubblica, a poche ore dal disastro:
“Sono qui per apprendere anche io tutti gli elementi utili e soprattutto per dire che accerteremo la verità senza guardare in faccia nessuno e che quindi non ci sarà nessun elemento di tutta questa vicenda che non sarà guardato con grandissima attenzione e che non sarà reso noto all’opinione pubblica. Detto questo si tratta di una nave che era appena uscita dal porto per una rotta abituale, la nave con la quale è avvenuta la collisione era una nave alla fonda, quindi va da sé che senza voler anticipare nulla di ciò che dovrà essere accertato purtroppo l’errore umano sta alla base di questa tragedia”.
L’errore umano a cui fa riferimento il ministro, è lo stesso a cui si riferiva nella notte Albanese, da questo momento, grazie agli elementi forniti da Albanese e dal Ministro Vizzini , la versione ufficiale sulle cause della tragedia diventa: nebbia, distrazione da parte del personale di comando della “Moby Prince” forse dovuta al fatto che la sera precedente si giocava Barcellona-Juventus, pilota automatico inserito.
13.00 - Il traghetto fa il suo ingresso in porto fumante e viene ormeggiato alla Darsena Petroli del porto di Livorno. Nel pomeriggio vengono recuperate 9 salme che si trovano sui ponti esterni a poppa della nave, nessuno tentativo viene fatto per andare all’interno della nave perché, si dice, è ancora troppo pericoloso.


12 Aprile 1991
Soltanto due giorni dopo la collisione, i primi Vigili del Fuoco riescono ad entrare nei saloni interni del traghetto. Ma ormai la loro, non sarà più un’operazione di soccorso, ma di recupero delle povere salme delle 140 persone che erano a bordo.


13 Aprile 1991
Il Tg1 è il primo a smontare la tesi della nebbia mandando in onda il film girato dall’abitazione di Nello d’Alesio, in cui si vede chiaramente l’incendio dalla costa. Così conclude il giornalista Paolo Frajese: “Una cosa è chiara, che non c’era nebbia al momento dell’incidente”.
L’inchiesta è affidata al Pubblico Ministero Luigi De Franco che fa capire subito che sarà un’indagine molto difficile perché delle strumentazioni di bordo è rimasto davvero poco e perché tutto il personale, a parte il mozzo Bertrand, è deceduto a bordo del traghetto.


3 Ottobre 1991
Il nostromo Ciro di Lauro, che il giorno della tragedia non era a bordo perché in permesso, confessa di aver tentato di manomettere la leva del timone facendola passare da manuale, quale era al momento della collisione, in automatico. Il tentativo fallisce perché la leva, ridotta in cenere dalle fiamme, si spezza. Di Lauro accusa: “Fu l’ispettore a farmi spostare quella leva” riferendosi all’ispettore della Società Navarma d’Orsi. L’intento è chiaro, far cadere la colpa sul comandante e sul personale di plancia del “Moby Prince” che avrebbero inserito il pilota automatico quando ancora erano in fase di uscita dalla rada. Inizia un procedimento contro il nostromo e l’ispettore.


10 Ottobre 1991
IL PM De Franco richiede alle autorità americane le fotografie scattate dai loro satelliti sulla rada di Livorno quella notte e i tracciati radar in loro possesso. Ma la risposta americana arriverà solo anni dopo, nessun satellite era operativo quella notte nella rada di Livorno e addirittura non esistono tracciati radar in quanto, a parere del comando americano di Camp Darby (la più grande ed importante base USA/Nato in Europa situata a pochi chilometri da Livorno), non c’erano radar operativi in Italia perché gli Stati Uniti non hanno bisogno di vigilare su un paese amico.
Il tutto è difficile da credere, ancor più difficile se pensiamo che quella notte in rada, erano presenti almeno 5 navi militarizzate americane cariche di armi, di ritorno dalla prima guerra del Golfo.


Autunno 1991
Il PM De Franco ordina al superesperto di esplosivistica Alessandro Massari, di effettuare una perizia nei locali dei motori dell’eliche di prua della “Moby Prince”, locali che sono stati sicuri soggetti di un fenomeno esplosivo.


4 febbraio 1992
Il dott. De Franco, ancor prima che la perizia di Massari venga ufficializzata, dichiara che ci fu un attentato a bordo del traghetto passeggeri e che una bomba esplose nei locali delle eliche di prua del traghetto.
Inizia così una guerra, tra il pool del Dott. De Franco e gli esperti di MARIPERMAN, la commissione della Marina Mercantile, sulla reale natura delle esplosione. Una bomba composta da sette sostanze diverse tra cui il Semtex H per il magistrato, una miscela di sostanze gassose dovute agli idrocarburi presenti sulla petroliera per gli esperti della commissione della marina. Una cosa sembra certa, anche per testimonianze di comandanti e marittimi, l’eventuale esplosione di una bomba in quella zona della nave, non avrebbe di per sé, potuto deviare la rotta del traghetto e portarlo così allo scontro con la petroliera.
La questione della presenza di una bomba a bordo è ancora oggi uno dei misteri più grandi dell’intera vicenda.


12 Settembre 1992
Il Tg4 di Emilio Fede manda in onda un filmato, girato a bordo del “Moby Prince”, la notte dalla tragedia dal passeggero Angelo Canu. Sono gli ultimi 30 secondi felici di una famiglia che ride e scherza in cabina, poi, dopo un boato sordo con le immagini che tremano, il filmato termina bruscamente. Qual è l’origine del rumore sordo che si sente nel finale?
Il video Canu, è però la prova lampante, che la teoria delle temperature da forno crematorio, l’inagibilità dei locali chiusi della nave fino al giorno 12 aprile 1991, il fiume di petrolio impazzito che ha impedito ai soccorsi di salvare i passeggeri e l’equipaggio, comincia a vacillare. Il nastro era all’interno della videocamera perfettamente funzionante in una borsa, che i Canu avevano portato con sé nel Salone De Lux, il punto di riunione della nave, dove si erano radunati quasi tutti, tra passeggeri ed equipaggio. Le temperature erano di certo altissime, ma non così alte da far sciogliere il nastro di una videocassetta protetta solo da una normale borsa da videocamera.
Nel corso del telegiornale in questione inoltre, alcuni testimoni oculari, negano in assoluto la presenza della nebbia ma descrivono lo strano fenomeno “nebuloso” ed lo spegnimento delle luci a bordo della petroliera “Agip Abruzzo” prima della collisione.


15 Novembre 1992
Viene resa pubblica una registrazione in cui il comandante di una motovedetta comunica alla Capitaneria di porto, che una bettolina implicata nella vicenda non corre alcun pericolo dopo la collisione.
La bettolina in questione, identificata nella “Giglio”, si dice che abbia tagliato la strada al traghetto e che sia la causa della collisione. Misterioso è il motivo per cui si trovasse in mare quella notte dal momento che ufficialmente nessuna bettolina doveva essere fuori dal porto secondo i registri. Resta il dato certo, che nei primi momenti seguenti la collisione, tutti, dall’equipaggio della petroliera “Agip Abruzzo”, ai mezzi di soccorso che intervengono, parlano di una bettolina coinvolta. E’ solo un tragico errore perché confondono una piccola bettolina da un grosso traghetto, o c’era veramente una terza nave coinvolta?
Questo è un ulteriore mistero che avvolge la tragedia del “Moby Prince”, resta difficile credere però, come marinai esperti, possano aver confuso una bettolina da un traghetto, per fare un paragone noto a tutti, un’utilitaria da un autobus da turismo.


30 Novembre 1992
All’emittente televisiva livornese Telegranducato, nel corso di una trasmissione a tema, giunge una telefonata anonima fatta da una persona che dichiara di essere un dipendente di Camp Darby, addetto ai radar e testimone della notte della tragedia. Nell’escludere totalmente che la collisione sia stata causata dalla presenza di una bettolina, dalla nebbia, o da un errore umano, dichiara: “che quando nel civile, ci si mette di mezzo il militare le cose si complicano…” e poi ammette che loro hanno visto tutto e sanno cosa è realmente accaduto. In più ammette che la notte della tragedia, sulla zona, era presente un elicottero militare americano, quello visto da più testimoni oculari la notte della tragedia sorvolare la rada di Livorno.


17 Maggio 1993
Esce sul quotidiano “La Stampa” un articolo a firma Bruno Ghibaudi dal titolo “Dalla Moby quattro Sos inascoltati”, in cui si documenta come siano stati sicuramente almeno 2 gli Sos lanciati via radio dal marconista del traghetto Giovanni Battista Campus, ma forse anche 3 o 4. Tutti inascoltati. In giornalista dice anche “la verità è nei tracciati radar Usa” riferendosi alla telefonata anonima fatta a Telegranducato. “Il pentagono sa e boicotta l’indagine” è il sottotitolo dell’articolo.


10 0ttobre 1994
Dopo tre anni e mezzo d’inchiesta, il GIP di Livorno Roberto Urgese, accoglie le richieste del magistrato titolare dell’inchiesta, il PM De Franco, e proscioglie da ogni accusa, l’armatore della “Moby Prince” Achille Onorato, il comandante della petroliera “Agip Abruzzo” Renato Superina ed il comandante del porto, l’Ammiraglio Sergio Albanese.
Finiscono alla sbarra 4 imputati, il 3 Ufficiale di Coperta della cisterna speronata Valentino Rolla, che era di guardia al momento della collisione, il marinaio di leva Gianluigi Spartano, accusato di non aver udito il may-day lanciato dal traghetto subito dopo la collisione, l’ufficiale di guardia in Capitaneria al momento della collisione, Lorenzo Checcacci ed il comandante in seconda della stessa Capitaneria, Angelo Cedro.
Dopo poco tempo da questa udienza preliminare, cambierà anche il Pubblico Ministero, De Franco che ha condotto l’inchiesta, viene destinato ad altro incarico e al processo sarà sostituito da Carlo Cardi.
Viene depositato anche l’articolo del settimanale “Avvenimenti”, in cui si parla anche della 21 Oktoobar II, la nave su cui indagava Ilaria Alpi, assassinata a Mogadiscio, in quanto sospettata di essere coinvolta in traffico illecito di armi. La 21 Oktoobar II quella notte, era, ufficialmente ormeggiata, nel porto di Livorno. Per il PM Cardi però, non ci sono legami tra le due vicende.
Nel corso del dibattimento processuale, si discute tra le altre cose sulla reale presenza o meno della nebbia quella notte in rada, sulla reale posizione della petroliera “Agip Abruzzo”, sui tempi di sopravvivenza delle persone a bordo della “Moby Prince”, sulla natura dell’esplosione verificatasi nei locali dell’elica di prua del traghetto, sulla rotta che stava tenendo il “Moby Prince” al momento della collisione. Si analizzano filmati fondamentali quali il Video Canu ed il Video d’Alesio, si analizzano le registrazioni radio del canale 16 ed il may-day del traghetto, si discute sull’efficienza del timone del “Moby Prince” che potrebbe essere andato in avaria e su altri importanti sistemi di navigazione della nave.
Ma l’1 ottobre 1997, il PM Cardi, chiede l’assoluzione per tutti e quattro gli imputati alla sbarra, per lui si tratta di “una tragedia causata da fatti concomitanti e maledetti”, la nebbia che avvolge pochi minuti prima della collisione la petroliera “Agip Abruzzo”.


31 Ottobre 1997
Il giudice Germano Lamberti che presiede la corte nel processo “Moby Prince”, assolve tutti gli imputati in quanto per la corte, il fatto non sussiste, nessun reato è stato commesso quella notte quando un traghetto di linea è entrato in collisione con una petroliera nella rada di Livorno e 140 persone hanno perso la vita.
Una nebbia strana, che non sembra nebbia, ma fumo. Una nebbia strana definita “nebbia d’avvezione” (fenomeno strano che è tipico solo dello Stretto del Bosforo) che non si vede, per questo gli ufficiali a bordo del traghetto non se ne rendono conto, per questo, nonostante abbiano il radar acceso, non lo guardano, per questo in tutta la rada di Livorno la notte è serena è limpida, pulita, tutte le navi si vedono, tutte tranne una. La “Agip Abruzzo”, che in un istante, tanto veloce da non permettere all’ufficiale di guardia sul ponte della petroliera, Valentino Rolla, di mettere in atto le misure di sicurezza contro la nebbia, scompare alla vista. La collisione è tremenda, l’incendio è devastante e rapidissimo nel suo evolversi a bordo del traghetto.
I soccorsi partono immediatamente ma la nebbia è così fitta da rallentarli e farli arrivare sotto la petroliera solo quaranta minuti dopo l’allarme. Il traghetto nessuno lo vede per un ‘altra ora e mezza. Nessuno lo soccorre. E quando viene individuato, è troppo tardi ormai per soccorrerlo, l’incendio ha già fatto il suo corso e mandare persone a bordo, anche se si tratta di persone specializzate è troppo pericoloso, morirebbero subito così come subito sono morti tutti gli occupanti della nave passeggeri.
In sostanza, 6 anni e mezzo di indagini per ritornare a 6 anni e mezzo prima, a quelle ore immediatamente successive alla collisione: “una nebbia fittissima, visibilità ridottissima, direi 4 o 5 metri e quindi…ipotesi la nebbia, il buio…” dice l’Ammiraglio Albanese nella notte, il Ministro della Marina Mercantile Vizzini la mattina dopo ribadisce “Sono qui per apprendere anche io tutti gli elementi utili e soprattutto per dire che accerteremo la verità senza guardare in faccia nessuno e che quindi non ci sarà nessun elemento di tutta questa vicenda che non sarà guardato con grandissima attenzione e che non sarà reso noto all’opinione pubblica. Detto questo si tratta di una nave che era appena uscita dal porto per una rotta abituale, la nave con la quale è avvenuta la collisione era una nave alla fonda, quindi va da sé che senza voler anticipare nulla di ciò che dovrà essere accertato purtroppo l’errore umano sta alla base di questa tragedia”.
In sostanza: errore umano (di chi governava il traghetto) e la tragica fatalità, nebbia e fato avverso, le stesse conclusioni a cui si giunge dopo 6 anni e mezzo di lavoro.


10 Novembre 1997
Anche il secondo processo, quello a carico del nostromo Di Lauro e dell’ispettore D’Orsi per il tentativo di manomissione del timone finisce con assoluzioni per entrambi.
Assoluzioni per tutti, situazione che in parte verrà modificata in secondo grado quando l’unico a pagare sarà il terzo ufficiale della petroliera Valentino Rolla, reo di non aver azionato i sistemi di sicurezza contro la nebbia. Ma tutto ciò avviene quando ormai tutti i reati sono andati in prescrizione e penalmente non hanno più valore alcuno.
Questo è quanto ci hanno voluto raccontare sulla più grossa tragedia della Marina Mercantile Italiana avvenuta in tempo di pace, ma quella notte a Livorno non è andata assolutamente in questo modo e lo scopo di questo sito e dell’Associazione 10 Aprile è quello di arrivare alla verità, senza guardare in faccia nessuno, come diceva il Ministro Vizzini, e vogliamo raccontare i fatti così come sono realmente accaduti.

qui: http://www.mobyprince.it/?sez=home&pag=raccolta-firme  raccolta firme per testimoniare la propria solidarietà ai familiari delle vittime

venerdì 6 aprile 2012

Oggi ricordo L'Aquila


Ricordo nei giorni precedenti le numerose scosse, i ripetuti  allarmi dati da Gianpaolo Giuliani e le voci che si levarono pronte  a minimizzarli.
Ricordo di aver letto che quella notte passavano le auto della protezione civile nel centro dell’Aquila che dagli altoparlanti invitavano la popolazione a restarsene in casa.
Ricordo: L’Aquila si fermò alle 3:32 del 6 Aprile 2009.
Ricordo la casa dello studente, il cemento impastato con la sabbia.
Ricordo: la  scossa fu valutata di media entità, ma in territorio come il nostro, dove gli affaristi ballano sulle tombe della povera gente, un paese dove l’abuso edilizio è imperante, l’effetto di quella scossa fu di 308 morti, 1600 feriti,  di cui 200 gravissimi, e circa 65.000 sfollati.
Ricordo gli infami Pierfrancesco Gagliardi e suo cognato Francesco Piscicelli che ridevano  facendo i conti  dei soldi che avrebbero incassato.
Ricordo le tendopoli ghetto e la velocità dello stato, in combutta con i massimi vertici della protezione civile,  con cui realizzò quartieri dal nulla, l'effettiva volontà di non voler ricostruire il centro della città di fatto blindandolo alla cittadinanza.
Ricordo  di come  un’artista, che di occupa di satira politica,  raccontò con il suo film Draquila di come sono assurdamente regolate le funzioni della protezione civile dallo Stato, una sanguisuga che sfrutta anche l’ordinario trasformandolo in straordinario per risucchiare i soldi pubblici.
Ricordo le tante persone che hanno offerto il loro denaro e il loro tempo per  aiutare la popolazione della zona. Voglio ricordare i tanti volontari che si sono recati sul posto.
Io non sono mai stata all’Aquila,  ho bazzicato solo nei dintorni di quella bellissima terra di  mare e di montagne, di orsi della Marsica e di pseudo tunnel dove i neutrini corrono sotto il Gran Sasso. 
Ho conosciuto in rete storie e  persone come Barbara Summa  che ricorda sua zia portata via dal terremoto insieme al suo paese Onna, Barbara, che nel suo libro Statale 17,  racconta le storie di questo  territorio straordinario.
So che L’Aquila era una città viva, piena di studenti, so che adesso i suoi  tesori storici e artistici non solo sono stati danneggiati dal sisma ma anche, poiché abbandonati e non protetti, dal tempo e dalle intemperie.

Vorrei che ascoltaste queste voci, diffondiamo questo video, grazie.